NEWS

  • Santuario, Parrocchia

OMELIA MERCOLEDI' DELLE CENERI DEL RETTORE DEL SANTUARIO


22 febbraio 2012
Mercoledì delle Ceneri
Omelia don Ciccio


Poc’anzi abbiamo ascoltato queste parole, che non sono parole mie, ma sono Parola di Dio.
“Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (2Cor 6, 1-2).
Sono parole di Paolo, l’apostolo che abbiamo ascoltato nella seconda lettura.
Ebbene, direi che queste parole di Paolo sono per noi la “cifra” della quaresima.
Queste parole ci aiutano a capire subito cos’è questo tempo liturgico della quaresima.
È tempo favorevole, è un tempo opportuno. Mi sembra bello e giusto dire: bentornata quaresima! La quaresima ci è necessaria.
Invito me per primo e tutti voi, subito, a  prenderne coscienza. È un tempo da non sprecare.
Perché noi molto spesso sprechiamo il tempo e le cose più belle. Qualche volta senza accorgecene.
È iniziato per noi, un tempo opportuno, favorevole. È un tempo per noi.
Quale sarà il mio compito questa sera. Lo prendo in prestito da Sant’Agostino.
Sant’Agostino quando iniziava come pastore, come vescovo la quaresima con il suo popolo, diceva così: mi sento in dovere di farvi delle esortazioni.
Ecco il mio compito questa sera, come responsabile di questa “comunità al plurale”, che è il Santuario: farò l’esortatore.
La parola greca è paraklesis, da parakaleo: esortare!
Io voglio esortarvi, nel grande rispetto delle scelte che poi ciascuno farà.
Vi dico subito che il paradigma della quaresima di quest’anno sarà una parola, che sottende un grande valore: lo dico ai catechisti, agli animatori, agli educatori, alle equipes che compongono questa comunità. A tutti.
La parola paradigma che vogliamo declinare in questa quaresima è: l’umiltà.
Perché per Sant’Agostino “la quaresima è il tempo dell’umiltà”!
L’umiltà è la proposta perché oggi c’è un peccato, o se volete un atteggiamento, che contraddistingue molti: la ybris. Sapete per i greci cosa era la ybris?
Era la tracotanza, l’orgoglio, il sentirsi superiore agli altri, la superbia, la violenza, il non rispetto della divinità, dell’altro, della natura.
Per la cultura greca Prometeo era il prototipo della ybris.
Noi molto spesso nelle piccole o grandi cose della vita, nonostante le sconfitte, pecchiamo di ybris, cioè ci sentiamo superiori agli altri, spesso siamo superbi, siamo tracotanti, spocchiosi, giudici sempre e comunque degli altri.
Qual è il contrario della ybris, della tracotanza?
Per i greci l’opposto della ybris è la dike, la giustizia, di cui l’umiltà è un aspetto
L’opposto di Prometeo è Gesù.
Gesù è esattamente l’opposto di Prometeo.
Mi spiego.
Voglio tentare di essere semplicissimo.
L’umiltà può essere una virtù sospetta quando è ipocrita e pelosa. Cerchiamo di dare all’umiltà il senso più vero, autentico.
Diceva San Giovanni Crisostomo, una delle stelle della tradizione cristiana, uno dei più grandi padri della Chiesa: “L’umiltà è la madre, la radice, la nutrice, il fondamento, il legame di tutte le altre virtù”.
E sempre Sant’Agostino diceva “Chi non è umile non può essere cristiano”. E diceva ancora: “L’umiltà è la sola, intera disciplina cristiana. Ecco l’umiltà: o uomo riconosci di essere uomo. La tua umiltà consista nel conoscerti”.
Straordinario!
Vogliamo conoscerci? Bene, recuperiamo l’umiltà. Perché l’umiltà è la presa di coscienza di ciò che siamo. Siamo delle “canne spezzate dal vento”. Siamo fragili, deboli.
Umiltà viene da humus cioè terra; siamo terra.
E diceva ancora Sant’Agostino “Soltanto dove c’è l’umiltà la ci può essere la carità”. L’amore.
Chi non è umile non ama nessuno se non se stesso.
Questo vale nella vita di coppia, nella vita del sacerdote, nella vita della Chiesa.
Chi non è umile ama solo se stesso.
Solo chi è umile è capace di amare.
Comprendiamo l’umiltà quando sperimentiamo l’umiliazione.
Mi viene in mente il salmo 119 (v. 71) che dice così: “Bene per me se sono stato umiliato, ho imparato i tuoi comandamenti”.
Non dobbiamo avere paura quando la vita ci umilia. E arriva sempre il momento in cui la vita ci umilia: può essere una malattia, una sconfitta, un insuccesso, un tradimento.
Arriva sempre il momento dell’umiliazione nella vita.
E quando siamo umiliati noi comprendiamo fino in fondo cosa è l’umiltà.
Dice la lettera ai Filippesi (2, 6-8): “Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.
Lui svuotò se stesso, si umiliò, si fece piccola cosa, «tapino».
E sempre Gesù disse: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29).
Per cui se vogliamo capire come possiamo essere umili dobbiamo metterci alla scuola di Gesù.
Gesù è l’educatore della nostra umiltà. L’umiltà di Cristo diviene scuola.
È colui che ci invita a spogliarci; cioè rinunciare a tutte le nostre pretese, ai nostri deliri di onnipotenza.
Ecco la sfida che sta dinanzi a noi cristiani?
La vera sfida, il vero compito spirituale consiste nel ricentrare tutta la nostra vita su Cristo.
Mi è piaciuto molto quello che venerdì scorso don Antonio Pitta diceva: «Se vogliamo trasfigurarci” - la trasfigurazione è la risurrezione, -  “noi dobbiamo essere incorporati a Cristo».
Ecco se vogliamo recuperare l’umiltà, ed è questo il tentativo che faremo in questi 40 giorni di quaresima, e nei 50 giorno del tempo di Pasqua, dobbiamo “incorporaci a Cristo”. Dobbiamo, comunque, farlo sempre
Soltanto lui può essere colui che può aiutarci a ricomporre la nostra vita nell’umiltà. Come?
Tre indicazioni per questa quaresima. Mi piace chiamarle le tre priorità della quaresima.

1.    Stare ai piedi della croce
Io mi commuovo sempre quando molti di voi a conclusione delle celebrazioni vengono a toccare il crocifisso.
Che cosa significa stare ai piedi della croce?
Guardare alla croce di Cristo significa non avere pretese, accettare i limiti e le nostre sconfitte, la nostra impotenza, non abdicare mai alle nostre responsabilità, non rinunciare mai alla verità che ti porta alla croce; significa ricominciare facendo quanto è possibile.
La croce è la misura della nostra umiltà, questa è prima priorità. Stare ai piedi della croce, perché se stiamo lì non avremo pretese. E ci libereremo da tutti i sogni di onnipotenza e accetteremo l’insuccesso e l’impotenza, sapendo che Dio si rivela proprio attraverso la nostra impotenza e da senso ad essa.

2.    Salire sul Tabor
Salire sul monte della trasfigurazione.
La priorità della preghiera.
Cari amici e care amiche, cari fratelli e care sorelle, senza preghiera il Cristianesimo è una teoria e il cristiano è un funzionario, è un burocrate. Scusate se ve lo dico.
Se un catechista non prega ogni giorno è un burocrate. Se un prete non prega è un funzionario. Un professionista senz’anima.
Mi dispiace!
Il Cristianesimo diventa bella teoria, bella, bellissima. Ma è solo teoria senza lo “spirirto della preghiera”.
Preghiera fatta di silenzio, di Parola, di Eucaristia; preghiera personale e comunitaria.
Salire sul Tabor è la seconda priorità che indico per questa quaresima. Ma è valida per tutta la vita.

3.    La strada di Emmaus
Cosa è la strada di Emmaus?
La strada di Emmaus è la strada dove noi incontriamo soprattutto i disperati, le persone che perdono speranza, gli smarriti di cuore.  I discepoli di Emmaus avevano perso la speranza.
Mi è piaciuto molto il messaggio del Papa per questa quaresima. Se avete la possibilità studiatevelo.
Il Papa dice una cosa bellissima: noi dobbiamo essere i custodi e i responsabili degli altri. Bellissimo!
Essere i custodi. La tua vita è la mia vita!
Oggi qual è il virus che ci sta distruggendo? L’individualismo. Io penso a me, tu pensi a te, l’altro pensa alla sua vita. La via, la strada è la metafora della vita dove incontriamo chiunque.
Dobbiamo fermarci e custodire gli smarriti di cuore. Di quelli che non ce la fanno a vivere con dignità la vita. E qui l’elenco delle persone si fa lunghissimo.
In questo modo faremo camminare la speranza! Speranza viene dal latino «spes»: s-pes (piede). La speranza cammina con i nostri piedi! Così si esprimeva Isidoro di Siviglia.

Queste tre priorità mi sembrano fondamentali.
Se queste sono le priorità, concludendo, vi affido tre provocazioni, le chiamo tre scelte pro-vocazioni.
Scelte concrete per questi 40 giorni che con i 50 giorni di Pasqua costituiscono un tutt’uno.

1.    Il digiuno digitale
So che qualcuno potrà sentirsi colpito, qualcuno che non può fare a meno del computer, di face book o dei social network.
Scusatemi ma qualche giorno fa il giornalista Beppe Servegnini,  sul Corriere della Sera,  proponeva il digiuno digitale. Per riscoprire la bellezza delle parole autentiche.
Noi abbiamo ridotto a “pattume” la comunicazione. Noi abbiamo ridotto la comunicazione ad una babele, nauseante. A me preoccupa, e come educatore ve lo devo dire, giovani, adulti.
Vi propongo “il digiuno digitale” per recuperare l’utilizzo saggio di questi mezzi, e anche per recuperare uno spazio di silenzio interiore. Per riscoprire l’anima.

2.     La cura delle parole
Non ci stiamo rendendo conto che abbiamo perso il pudore delle parole. Spesso diciamo delle parole senza rendercene conto e facciamo male, facciamo male all’altro. Quanta volgarità c’è in giro. Fatemi essere sincero fino in fondo: che cosa ci interessa del tatuaggio della Belen? Per giorni si è parlato a dismisura di questo. Ma genitori vogliamo preservare il pudore dei nostri bambini? Ho sentito dire ad un bambino “Don Ciccio hai visto il tatuaggio della Belen?”. Ma che m’interessa. Mi sono molto arrabbiato con questo bambino. Poi mi sono detto “Ma che c’entra questo bambino?”.
La colpa è di noi adulti irresponsabili, mediocri e superficiali.
Salviamo un po’ il pudore. Smettiamo con il “tutto è lecito”. Tutto; abbiamo smarrito il senso del bene e del male!
Vogliamo preservare un po’ il pudore a partire dalla parole!

3.    Allargare il cuore
Dobbiamo allargare il cuore. Specie oggi!
La crisi è devastante.
Faccio due appelli. Si stanno rivolgendo a noi ogni giorno persone sfrattate. L’altro giorno siamo riusciti ad accoglie da noi un nucleo di 4 persone. Ieri è venuta un’altra famiglia, oggi ne è venuta un’altra ancora.
Sapete che lo sfratto è legato molto alla mancanza di lavoro.
Non ce la facciamo più. Ve lo diciamo sinceramente.
L’altro giorno, quando ho visto due persone con due figli dormire in macchina, abbiate pazienza, non ha retto il mio cuore. Ho convocato lo staff della Fondazione e ho chiesto di trovare subito una soluzione e abbiamo deciso di accogliere questo nucleo familiare.
Dobbiamo allargare il cuore. Sulla questione lavoro e sulla questione sfratti.
Chi ha qualche casa la metta a disposizione! Scusatemi se oso.
Questo è il Cristianesimo!
Questa è la fede che si apre alla condivisione! Che si fa carità senza “se” e senza “ma”.

È tempo di osare!
Che questa quaresima converta veramente le nostre esistenze rendendole più umili e capaci di autenticità e di bellezza.

Buona quaresima a tutti!